Un mio paziente è stato recentemente ricoverato per ictus cerebrale. Nonostante fosse in fibrillazione atriale permanente, non era sottoposto a terapia antitrombotica.
Come posso evitare che un episodio del genere si ripeta?
La valutazione periodica dei processi di cura non ha solo l’obiettivo di migliorarne l’efficacia ma anche quello di evitare che errori od omissioni possano determinare un danno per il paziente. La gestione del “rischio clinico”, infatti, è una componente fondamentale del governo clinico e riguarda tutte le professioni sanitarie, compresa ovviamente la Medicina Generale.
Un ictus cerebrale è un evento imprevedibile ma non sempre inevitabile. La fibrillazione atriale è una condizione che aumenta in modo drammatico (di circa 5 volte!) la probabilità di incorrere in un evento cerebrovascolare di tipo ischemico. Tale rischio può essere significativamente contenuto mediante la terapia antiaggregante (ASA a basse dosi) o anticoagulante (TAO fino a INR compreso tra 2 e 3).
Tuttavia la decisione di utilizzare la terapia antitrombotica e la scelta tra ASA e TAO dipendono dal profilo di rischio tromboembolico del paziente che deve essere sufficientemente elevato per bilanciare l’inevitabile aumento del rischio emorragico indotto dalla terapia. Anche quando è lo specialista a proporre il trattamento, al Medico di Medicina Generale resta sempre la responsabilità di verificare che il paziente segua con continuità un regime terapeutico appropriato. Come orientarsi in questo difficile campo?
GPG ci viene in aiuto. Innanzi tutto, come abbiamo fatto per diabete e BPCO, andiamo nella sezione “Audit Clinico”, controlliamo la prevalenza della diagnosi “fibrillazione atriale” nei nostri assistiti e confrontiamola con il LAP e la mediana di HS. Se riscontriamo una prevalenza bassa, dobbiamo impegnarci in una azione di screening opportunistico da rivolgere prevalentemente nelle fasce di età più avanzate. La prevalenza della fibrillazione atriale, infatti, aumenta rapidamente con l’età fino a raggiungere il 9% circa negli ultra-ottantenni. In questi pazienti, manovre semplici come la palpazione del polso radiale o l’ascoltazione dei toni di Korotktoff durante la misurazione della pressione arteriosa sono strumenti preziosi nelle mani del Medico di Medicina Generale per riconoscere questa importante patologia. Una volta verificata e confermata con l’ECG, la diagnosi di fibrillazione atriale va sempre registrata nella lista dei problemi.
Solo in questo modo, infatti, sarà possibile utilizzare gli strumenti che GPG ci offre per verificare l’appropriatezza della terapia antitrombotica ed in particolare tre preziosi indicatori che ritroviamo nella sezione “Rischio clinico → Rischio farmacologico”(Figura 13).
Figura 13. gli indicatori per valutare l’appropriatezza della terapia antitrombotica nei pazienti con fibrillazione atriale.
I tre indicatori (RC-FA01, RC-FA02, RC-FA03) eseguono una scansione dei pazienti con fibrillazione atriale e per ciascuno di essi calcolano il profilo di rischio trombo-embolico mediante lo score CHADS2.
I pazienti ad alto rischio dovrebbero essere necessariamente sottoposti a TAO, a meno di condizioni particolari che ne rendano improponibile la somministrazione. Per questo l’indicatore RC-FA01 individua tutti i pazienti ad alto rischio trombo-embolico sottoposti a terapia antitrombotica, consentendo così di tenere sotto controllo i pazienti adeguatamente trattati e intervenire nei pazienti che presentino criticità e senza prescrizione di terapia antitrombotica (TAO-NAO). E’ lecito pensare che anche il nostro paziente ricoverato per ictus sarebbe stato individuato mediante questo indicatore e avrebbe potuto ricevere la terapia antitrombotica prima che l’accidente cerebro-vascolare si verificasse.
Nei pazienti a rischio intermedio è possibile scegliere tra TAO e ASA ma una terapia antitrombotica è comunque opportuna.
Nei pazienti a basso rischio, invece, il rischio emorragico connesso con la TAO non è sufficientemente bilanciato da un beneficio in termini di riduzione di eventi cardio-embolici che in questa categoria di pazienti è molto limitato. Per questo l’indicatore RC-FA03 individua i pazienti trattati in modo inappropriato e, pertanto, inutilmente esposti al rischio di eventi emorragici.
La gestione della terapia antitrombotica nel paziente con fibrillazione atriale è un esempio molto interessante di come GPG possa aiutarci a prevenire eventi avversi correlati all’errore medico ma non l’unico. Nella sezione del programma dedicata al “Rischio Clinico” troviamo molti altri indicatori che possono aiutarci a fronteggiare altrettante situazioni problematiche.